Arte Natural – Mente
Installazioni e filosofia nel Parco di Fogliano, 2008
Associazione Culturale Fogliano Arte Villa di Fogliano, Latina (Parco Nazionale del Circeo)
L’arte di Michele D’Alterio appare tout de suite visionaria. Interpreta spazi naturali, in genere segnati da una tensione psicologica che distacca dalla realtà, apre scenari inquietanti e surreali.
L’opera presentata a Fogliano è una tavola rivestita da una sostanza lucida e pastosa. Sembra rappresentare il lago, la sua costa, i suoi alberi. Si tratta, in realtà, di un paesaggio immaginario. I cromatismi evocano un tramonto, la superficie dell’acqua è immobile, ma corruscata; l’aria è infuocata. Luci fantastiche provengono dall’alto; sventolano strane bandiere, o forse chiome di alberi. La stessa sagoma orizzontale dell’opera restituisce la sensazione di una natura traguardata come da una feritoia.
L’opera rimanda al singolare registro dell’arte di D’Alterio, ai suoi temi preferiti: i crinali vulcanici, i fiumi d’argento, i laghi di silenzio siderale: una pittura che denuncia una natura misteriosa, talora apocalittica, collocata al di fuori dello spazio e del tempo.
Un taglio densamente metaforico può leggersi negli stessi procedimenti tecnici della produzione dell’artista casertano, in genere complessi. L’artista, peraltro grafico ed esperto di tecniche visive, utilizza materiali diversi che integra, come plastiche e gessi, che poi ricopre di una pittura variegatissima. L’opera appare infine una sorta di altorilievo, implica una percezione tridimensionale. L’attenzione ai cromatismi è scrupolosa.
I colori si adeguano al senso dell’opera, alla sua tensione emotiva. L’uso di superfici riflettenti conferisce ai lavori un che di metallico e artificiale e, sul piano psicologico, di straniante. Ne deriva un linguaggio suggestivo e magnetico, che riflette un avvertimento teso e allarmato dello spazio sensibile, ma anche visionario, come si accennava in principio, in qualche modo onirico.
Giorgio Agnisola
L’opera presentata a Fogliano è una tavola rivestita da una sostanza lucida e pastosa. Sembra rappresentare il lago, la sua costa, i suoi alberi. Si tratta, in realtà, di un paesaggio immaginario. I cromatismi evocano un tramonto, la superficie dell’acqua è immobile, ma corruscata; l’aria è infuocata. Luci fantastiche provengono dall’alto; sventolano strane bandiere, o forse chiome di alberi. La stessa sagoma orizzontale dell’opera restituisce la sensazione di una natura traguardata come da una feritoia.
L’opera rimanda al singolare registro dell’arte di D’Alterio, ai suoi temi preferiti: i crinali vulcanici, i fiumi d’argento, i laghi di silenzio siderale: una pittura che denuncia una natura misteriosa, talora apocalittica, collocata al di fuori dello spazio e del tempo.
Un taglio densamente metaforico può leggersi negli stessi procedimenti tecnici della produzione dell’artista casertano, in genere complessi. L’artista, peraltro grafico ed esperto di tecniche visive, utilizza materiali diversi che integra, come plastiche e gessi, che poi ricopre di una pittura variegatissima. L’opera appare infine una sorta di altorilievo, implica una percezione tridimensionale. L’attenzione ai cromatismi è scrupolosa.
I colori si adeguano al senso dell’opera, alla sua tensione emotiva. L’uso di superfici riflettenti conferisce ai lavori un che di metallico e artificiale e, sul piano psicologico, di straniante. Ne deriva un linguaggio suggestivo e magnetico, che riflette un avvertimento teso e allarmato dello spazio sensibile, ma anche visionario, come si accennava in principio, in qualche modo onirico.
Giorgio Agnisola